Batimarso dei Bambini e delle Bambine
Come festeggiano i bambini l’arrivo della primavera non c’è nessuno. Domenica 31 Marzo, il Magnifico Consiglio dei Ragazzi di Rosà, invita tutti a partecipare al “BATIMARSO DEI BAMBINI”. Partenza dalle 16.00 dai singoli quartieri di Rosà per ricongiungersi al Quartiere Carpellina del cento. (per la tua zona chiedi al tuo presidente di Quartiere da dove si parte e a che ora).
Da tempi immemori, il “batimarso”, celebrato nella nostra regione ai primi o agli ultimi di Marzo, aiuta il passaggio tra la fine del periodo invernale e l’arrivo della bella stagione. Ecco una bella tradizione che ci insegna a scandire le stagioni e ricordare l’avvio dei lavori nei campi. E’ una espressione popolare che inizia con la befana, simbolo iconico rappresentato da una vecchia (le streghe di un tempo) in cerca di ristoro, che porta doni e buoni auspici, alla merla diventata nera per ripararsi al caldo dentro un camino, al Batimarso che scaccia finalmente l’inverno e sveglia la natura. A Marzo, detto “cao de l’anno” o fine dell’anno, i bambini scendono in strada facendo tanto rumore per scuotere piante e prati. Arriveranno i raccolti, l’inverno non fa più paura!
I PERCORSI
IL VOLANTINO
L'origine del Bati Marso
Il recupero della tradizione e della cultura popolare passa attraverso la ricerca e la promozione sul territorio di testimonianze e di usanze proprie della nostra identità.
L'INIZIATIVA
Lo spirito che sottende la manifestazione del "Bati Marso" è proprio quello di riscoprire l'antica tradizione veneta che consiste nel passare attraverso le vie del paese battendo su bidoni vuoti, su barattoli di latta, o utilizzando strumenti particolari ed ingegnosi, per produrre un forte baccano in grado di "svegliare la Primavera" e richiamarla a ravvivare gl'animi dopo il lungo torpore dei mesi invernali. Un'occasione importante anche per sensibilizzare al rispetto dell'ambiente.
"...par svejar fora i spirìti de la tera e farghe corajo a la rinàssita de la natura, cantando e sonando, so 'l finir de febraro che xe in ùltima l'inverno....
...vegnì fora gente, vegnì in strada a far casoto, a bàtare marso co' racole, sbàtole, ranéle, bandòti, cerci, tece e pegnate....vegnì, gente..."
"...par svejar fora i spirìti de la tera e farghe corajo a la rinàssita de la natura, cantando e sonando, so 'l finir de febraro che xe in ùltima l'inverno....
...vegnì fora gente, vegnì in strada a far casoto, a bàtare marso co' racole, sbàtole, ranéle, bandòti, cerci, tece e pegnate....vegnì, gente..."
LA TRADIZIONE
Nelle regioni temperato-fredde era naturale associare la ruota della vita a quella delle stagioni. Il periodo invernale, talvolta lungo e freddo, con poca luce, era un tempo di attesa, rintanati nelle casupole, o possibilmente nelle stalle, a "far filò". La vegetazione sembrava morta e induceva una profonda malinconia negli animi, particolarmente in novembre, segnato dal "giorno di morti"; ma alla fine di dicembre si era nell'attesa della rinascita, e nei giorni che seguivano il solstizio d'inverno si percepiva l'aumento progressivo della luce, indicandone, anche in senso ottimistico la quantità: "Da Nadal on passo de gal, da la Vecéta un'oreta" (nella versione più realistica "on passo de muséta"). Inoltre, il desiderio del tepore era tale, da indurre a formulare previsioni contrastanti: "Sant' Antonio, se no gh'è el giazzo el lo fa, se el gh'è el lo desfa" (S. Antonio abate – 17 gennaio); "San Sebastian co la viola n man" (S. Sebastiano – 20 gennaio); "Per San Paolo, el giasso va al diavolo" (Conversione di S. Paolo – 25 gennaio); "Candelora nuvolora, de l'inverno semo fora" (S. Maria V. della Ceriola – 2 febbraio), e di questo tono diversi detti.
L'ORIGINE
È proprio negli ultimi due giorni di febbraio e nel primo marzo che il desiderio si trasforma in attesa della buona stagione. La vegetazione sta per risvegliarsi; si vorrebbe quasi aiutarla e si scatena così il batimarso, segnato dal baccano prodotto con la percussione di lamiere, bidoni, pignatte e ogni genere di oggetti metallici, ritmato con filastrocche su marzo, usuali di ogni luogo, da parte dei giovanotti del paese. Esso era praticato in quasi tutto il Veneto (particolarmente nella fascia montana,ove poteva attardarsi anche all'ultimo di marzo, a causa del freddo e della neve) nel Trentino, in Friuli e in alcune altre località del nord Italia, con indicazioni diverse: osade de marso, ciamare marso, tratomarso, batar marso, batar l'erba, criar marso, incontrar marso, movar incontro a marso, brusamarso, Kalendimarso, batare i pulzi ecc. Questa tradizione aveva profonde radici nel tempo, e probabilmente come tante che segnavano i passaggi di stagione e i giorni degli equinozi e dei solstizi ( Natale, Epifania, S. Giovanni,ecc.), risalivano alla preistoria. A Roma. Nel giorno prima del plenilunio che si manifestava dopo il primo di marzo, anticamente corrispondente all'inizio dell'anno (come nei territori della Repubblica di Venezia), un uomo vestito di pelli, chiamato Mamurio Veturio (il vecchio marte), che significava il marzo dell'anno precedente era cacciato fuori della città a bastonate (vedi J.G. Frazer, Il ramo d'oro). Si potrebbe quindi trovare una corrispondenza con il nostro batimarso e anche con il brusar carnevale. È il caso anche di puntualizzare che marte originariamente era il dio della vegetazione e che più tardi, essendo il mese nel quale si radunavano i guerrieri (Campo di Marte, donde il toponimo Campomarzo di Lendinara), prima di andare a saccheggiare e ad invadere, divenne dio della guerra. Si può supporre che in seguito si siano associati i cosiddetti maridozi, probabilmente perché erano un po' di conseguenza di quest'esplosione giovanile del batimarso. Consistevano in grida di proposte in burlesco di abbinamento matrimoniale, sempre la sera del primo marzo, sotto la casa delle giovani da marito. prof. Camillo Corrain Presidente del Gruppo Bassa Padovana.
Fonte Provincia di Padova (http://www.padovaoggi.it/blog/vivipadova/l-origine-del-bati-marso.html)
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